Primo periodo: L’antico Orto Botanico

Il romano Pietro Castelli fu chiamato dal senato di Messina nel 1634; discepolo di Cesalpino, era stato direttore degli Orti Farnesiani di Roma e quindi, appena giunto a Messina, si premurò di sollecitare l’impianto di un Orto Botanico che allora era inteso particolarmente come collezione di piante medicinali. Egli stesso dice: «Arrivato che qui fui, considerando quanto era necessario l’Horto de’ semplici…ne feci più volte istanza all’Ill.mo Senato; finalmente fui inteso… nell’anno 1638… E mi fu consegnato il fosso fuori delle mura, tra i due ponti, lungo canne 72 et largo 24 et oltre il ponte canne 200…». Nel 1638 viene decretata dunque la fondazione del più antico Orto Botanico della Sicilia e di uno dei più antichi Orti Botanici del mondo. I documenti più antichi di cui abbiamo notizia risalgono all’11 agosto 1638 e riguardano la paga anticipata di 100 onze per lavori murari. Nel 1639 si iniziano le colture ed in breve lasso di tempo questo Orto Botanico diventa un vero gioiello secondo le testimonianze dell’epoca.

Nel 1640 Pietro Castelli pubblicò un libriccino sull’ “Hortus Messanensis” (Fig. 1), illustrante l’antico Orto Botanico dell’Università di Messina. In base alle descrizioni, l’Orto Botanico aveva pianta rettangolare ed era suddiviso in quattordici settori (hortuli) ciascuno dei quali si divideva a sua volta in numerose aiuole (Fig. 2). A parte le numerose specie esotiche introdotte, molte delle quali coltivate per la prima volta, uno degli aspetti più originali dell’ Hortus Messanensis è costituito dal criterio con il quale il Castelli raggruppò le varie specie nei quattordici hortuli; criterio che rivela anche le sue idee scientifiche in fatto di Botanica. Sebbene largamente influenzato dal suo maestro Cesalpino, il Castelli cercò di riunire sul terreno le varie specie di piante secondo un criterio di parentela, che egli dedusse dalle caratteristiche dei frutti e delle infruttescenze. Elaborò così un proprio sistema di classificazione delle piante in base al quale distinse quattordici classi che distribuì nei quattordici hortuli dell’Orto. Questo modo di ripartire le specie equivale all’attuale «presentazione sistematica-filogenetica» di un moderno Orto Botanico. La classificazione del Castelli è ignorata dalla storia della Botanica sistematica. La ricchezza di questo Orto si rileva meglio da una lettera che lo stesso Castelli scrisse a Domenico Panaroli: «Maxima cum voluptate in meo horto messanensi ubi admiror… tot plantas e dissitis regionibus, ex India nimirum, Arabia, America, Aegypto, China, Ponto, Perside, Hispani, Belgio, Hollandia, Perù et Turchia huc allatas proficere et germinare…».

Figura 1. Frontespizio del volume dedicato all’Hortus Messanensis, scritto da Pietro Castelli e pubblicato a Messina nel 1640.

Figura 2. Pianta dell’Antico Orto Botanico di Messina, in cui si può notare la suddivisione nei 14 hortuli, ognuno dedicato ad un santo.

Il 7 luglio 1661 Pietro Castelli muore ed il senato messinese chiama a succedergli Marcello Malpighi. Questi inizia un’intensa attività applicando largamente il microscopio allo studio delle piante e degli animali. È ben nota la poderosa influenza che Malpighi ha esercitato sulla Botanica, tanto da essere ritenuto, insieme a Grew, il fondatore della istologia e della anatomia vegetale. Orbene fu proprio a Messina nel laboratorio dell’Hortus Messanensis che egli fece la maggior parte di quelle osservazioni che pubblicò più tardi nella Anatomes Plantarum Idea e nella Anatome Plantarum. Certamente la ricchezza dell’Orto messinese stimolò il Malpighi allo studio delle piante. Forse egli non si sarebbe dedicato con tanto impegno allo studio dei vegetali se non avesse trovato copia di materiale in tale Orto.

Marcello Malpighi si trattenne a Messina dal 2 novembre 1662 al 1° maggio 1666. Suoi successori furono dal 1667 al 1674, Bernard Cagliostro, Carlo Fracassati e Pietro Elfeburè, i quali insegnarono ciascuno uno o due anni. Giungiamo così al 1674, anno nel quale inizia la rivolta dei messinesi contro il dominio spagnolo. La rivolta si protrae sino al 1678 e Messina alla fine cede e subisce il ritorno degli spagnoli. Questi ultimi cercano di deprimere con ogni mezzo i messinesi e si rivolgono spietatamente contro l’Università che sopprimono. A questa lotta contro la cultura non sfuggì neanche il famoso Hortus Messanensis che, in segno di spregio, fu utilizzato dapprima come pascolo per i cavalli del feroce Roderigo Quintana e poi come campo per la coltivazione di bietole.

Finisce così miseramente e dopo troppo breve vita quel ricco Orto Botanico che Pietro Castelli aveva impiantato con tanto zelo e competenza.

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